Una comprensione teologico-pastorale delle benedizioni
20. Chi chiede una benedizione si mostra bisognoso della presenza salvifica di Dio nella sua storia e chi chiede una benedizione alla Chiesa riconosce quest’ultima come sacramento della salvezza che Dio offre. Cercare la benedizione nella Chiesa è ammettere che la vita ecclesiale sgorga dal grembo della misericordia di Dio e ci aiuta ad andare avanti, a vivere meglio, a rispondere alla volontà del Signore.
21. Per aiutarci a comprendere il valore di un approccio maggiormente pastorale alle benedizioni, Papa Francesco ci ha sollecitato a contemplare, con atteggiamento di fede e paterna misericordia, il fatto che «quando si chiede una benedizione, si sta esprimendo una richiesta di aiuto a Dio, una supplica per poter vivere meglio, una fiducia in un Padre che può aiutarci a vivere meglio».[12] Questa richiesta deve essere, in ogni modo, valorizzata, accompagnata e ricevuta con gratitudine. Le persone che vengono spontaneamente a chiedere una benedizione mostrano con questa richiesta la loro sincera apertura alla trascendenza, la fiducia del loro cuore che non confida solo nelle proprie forze, il loro bisogno di Dio e il desiderio di uscire dalle anguste misure di questo mondo chiuso nei suoi limiti.
22. Come ci insegna santa Teresa di Gesù Bambino, al di là di questa fiducia «non c’è un’altra via da percorrere per essere condotti all’Amore che tutto dona. Con la fiducia, la sorgente della grazia trabocca nella nostra vita […]. L’atteggiamento più adeguato è riporre la fiducia del cuore fuori di noi stessi: nell’infinita misericordia di un Dio che ama senza limiti […]. Il peccato del mondo è immenso, ma non è infinito. Invece, l’amore misericordioso del Redentore, questo sì, è infinito».[13]
23. Quando queste espressioni di fede vengono considerate al di fuori di un quadro liturgico, ci si trova in un ambito di maggiore spontaneità e libertà, ma «la facoltatività dei pii esercizi non deve quindi significare scarsa considerazione né disprezzo di essi. La via da seguire è quella di valorizzare correttamente e sapientemente le non poche ricchezze della pietà popolare, le potenzialità che possiede».[14] Le benedizioni diventano così una risorsa pastorale da valorizzare piuttosto che un rischio o un problema.
24. Considerate dal punto di vista della pastorale popolare, le benedizioni vanno valutate come atti di devozione che «trovano il loro spazio al di fuori della celebrazione dell’Eucaristia e degli altri sacramenti […]. Il linguaggio, il ritmo, l’andamento, gli accenti teologici della pietà popolare si differenziano dai corrispondenti delle azioni liturgiche». Per la stessa ragione «si eviti di apportare modalità di “celebrazione liturgica” ai pii esercizi, che debbono conservare il loro stile, la loro semplicità, il proprio linguaggio».[15]
25. La Chiesa, inoltre, deve rifuggire dall’appoggiare la sua prassi pastorale alla fissità di alcuni schemi dottrinali o disciplinari, soprattutto quando danno «luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare».[16] Perciò, quando le persone invocano una benedizione non dovrebbe essere posta un’esaustiva analisi morale come precondizione per poterla conferire. Non si deve richiedere loro una previa perfezione morale.
26. In questa prospettiva, le Respuestas del Santo Padre aiutano ad approfondire meglio, dal punto di vista pastorale, il pronunciamento formulato dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2021, poiché invitano di fatto ad un discernimento in relazione alla possibilità di «forme di benedizione, richieste da una o più persone, che non trasmettano una concezione errata del matrimonio»[17] e che pure tengano conto del fatto che in situazioni moralmente inaccettabili dal punto di vista oggettivo, «la carità pastorale ci impone di non trattare semplicemente come “peccatori” altre persone la cui colpa o responsabilità possono essere attenuate da vari fattori che influiscono sulla imputabilità soggettiva».[18]
27. Nella catechesi citata all’inizio di questa Dichiarazione, Papa Francesco ha proposto una descrizione di questo tipo di benedizioni che si offrono a tutti, senza chiedere nulla. Vale la pena leggere con cuore aperto queste parole che ci aiutano a cogliere il senso pastorale delle benedizioni offerte senza condizioni: «È Dio che benedice. Nelle prime pagine della Bibbia è un continuo ripetersi di benedizioni. Dio benedice, ma anche gli uomini benedicono, e presto si scopre che la benedizione possiede una forza speciale, che accompagna per tutta la vita chi la riceve, e dispone il cuore dell’uomo a lasciarsi cambiare da Dio […]. Così noi per Dio siamo più importanti di tutti i peccati che noi possiamo fare, perché Lui è padre, è madre, è amore puro, Lui ci ha benedetto per sempre. E non smetterà mai di benedirci. Un’esperienza forte è quella di leggere questi testi biblici di benedizione in un carcere, o in una comunità di recupero. Far sentire a quelle persone che rimangono benedette nonostante i loro gravi errori, che il Padre celeste continua a volere il loro bene e a sperare che si aprano finalmente al bene. Se perfino i loro parenti più stretti, li hanno abbandonati, perché ormai li giudicano irrecuperabili, per Dio sono sempre figli».[19]
28. Ci sono diverse occasioni nelle quali le persone si avvicinano spontaneamente a chiedere una benedizione, sia nei pellegrinaggi, nei santuari, ed anche per strada quando incontrano un sacerdote. A titolo esemplificativo, possiamo rinviare al libro liturgico De Benedictionibus che prevede una serie di riti di benedizione per le persone: anziani, malati, partecipanti alla catechesi o a un incontro di preghiera, pellegrini, coloro che intraprendono un cammino, gruppi e associazioni di volontari, ecc. Tali benedizioni sono rivolte a tutti, nessuno ne può essere escluso. Nelle premesse del Rito di benedizione degli anziani, ad esempio, si afferma che lo scopo della benedizione «è quello di esprimere agli anziani una fraterna testimonianza di rispetto e di gratitudine, e di ringraziare insieme con loro il Signore per i benefici da lui ricevuti e per le buone azioni da essi compiute con il suo aiuto».[20] In questo caso l’oggetto della benedizione è la persona dell’anziano, per la quale e con la quale si rende grazie a Dio per il bene da lui compiuto e per i benefici ricevuti. A nessuno si può impedire questo rendimento di grazie e ciascuno, anche se vive in situazioni non ordinate al disegno del Creatore, possiede elementi positivi per i quali lodare il Signore.
29. Dal punto di vista della dimensione ascendente, quando si prende coscienza dei doni del Signore e del suo amore incondizionato, anche in situazioni di peccato, particolarmente quando una preghiera trova ascolto, il cuore del credente innalza a Dio la sua lode e lo benedice. Questa forma di benedizione non è preclusa ad alcuno. Tutti – singolarmente o in unione con altri – possono innalzare a Dio la loro lode e la loro gratitudine.
30. Ma il senso popolare delle benedizioni include anche il valore della benedizione discendente. Se «non è conveniente che una Diocesi, una Conferenza Episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale attivino costantemente e ufficialmente procedure o riti per ogni genere di questioni»,[21] la prudenza e la saggezza pastorale possono suggerire che, evitando forme gravi di scandalo o confusione fra ai fedeli, il ministro ordinato si unisca alla preghiera di quelle persone che, pur in una unione che in nessun modo può essere paragonata al matrimonio, desiderano affidarsi al Signore e alla sua misericordia, invocare il suo aiuto, essere guidate a una maggiore comprensione del suo disegno di amore e verità.
Questa parte non è semplice, sopratutto non è semplice capire cosa si intenda per benedizioni liturgiche e non liturgiche. Si può pensare, per semplificare e cercare di capire, che sia quando sono inserite in una liturgia, in rito e quando invece sono “spontanee” è indubbio però che, anche in questo secondo caso, si usano delle formule, dei gesti e che, quindi, volendo essere rigorosi, si ricade sempre in un atto liturgico, rituale, sicuramente più semplice di altri, ma sempre comunque, un minimo strutturato. Personalmente credo però che la chiave di lettura che permette di comprendere davvero di cosa stiamo parlando stia quando si parla di realtà oggettivamente errate e che non possono essere benedette senza dare adito a confusione e dall’altra parte si parla invece di benedizioni date senza nulla pretendere, gratuitamente così come è l’amore di Dio. Credo che la differenza stia qui e quando la guardo così, forse comincio a capire, al di là del rito e della liturgia… per avere una benedizione durante un sacramento mi sono chieste certe condizioni, ma se io non sono in grado o non posso soddisfarle ma vorrei lo stesso una benedizione (dando per scontato che la mia richiesta non sia una banale provocazione) significa che io anelo a Dio, lo cerco, come posso e come riesco in quel momento e lo cerco nella Chiesa, riconoscendone la presenza proprio lì. Allora si tratta di una benedizione che accompagna, anche in un cammino sbagliato, ricordando che la presenza di Dio c’è sempre… in effetti così ha un senso perché ti accompagna sempre e non ti giudica, ti ama e di te dice sempre bene e se delle cose che fai non può dire bene (e magari non puoi farlo neanche tu) allora tace, ma non dice male, non maledice.