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Cos’è il “mistero”?

giugno 8, 2008

C’è l’errata convinzione che chi crede si rifuggia nel mistero per giustificare qualunque cosa e non dare nessuna spiegazione razionale del suo credo. A questa convinzione spesso si accompagna l’idea che “mistero” sia un termine usato dalla gerarchia per accontentare e contemporaneamente tenere lontani i fedeli. In fin de conti “misterioso” viene ad assumere un significato moto simile a “segreto” e quindi come di qualcosa che non è permesso conoscere. Entrambe queste idee, che a volte si trovano da sole, a volte insieme, sono del tutto errate. Il senso del mistero nel cattolicesimo è qualcosa di molto diverso ed estremamente preciso: è ciò che è talmente più grande dell’uomo che l’uomo non può coglierlo tutto, ma solo in parte. E ciò che non riesce a cogliere l’uomo però lo avverte, lo sente, ma rimane sempre misterioso: sempre più grande di lui. Per comprendere meglio pensiamo a una nube che ci avvolga. La nube è ovunque intorno a noi (e in parte anche dentro di noi perché la respiriamo), ma noi ne cogliamo solo una parte, solo la parte immediatamente percepibile dai nostri sensi, ma tanta di quella nube ci sopravanza e per noi rimane inconoscibile: anche se sappiamo che c’è, rimane “mistero”. Oppure pensiamo a quando amiamo qualcuno, quando lo amiamo così tanto che il cuore sembra esplodere. Non abbiamo parole per descrivere quello che proviamo, tutto ci sembra insufficiente, perché quello che proviamo è talmente grande che neanche noi lo cogliamo razionalmente, ma solo istintivamente: questo è il “mistero”. E l’altro, la persona che incontriamo è l’esempio forse più concreto del mistero di cui parliamo. Noi possiamo parlare con lui, possiamo cercare di conoscerlo, possiamo cercare di capirlo, possiamo anche passare un’intera vita con lui e imparare a memoria le sue abitudini, ma lui (o lei ovviamente) sarà sempre di più di quanto noi abbiamo compreso. I suoi sentimenti, le sue sensazioni, le sue emozioni, i suoi dolori saranno sempre maggiori, sempre diversi di quanto potremmo mai comprendere, ecco che allora l’altro è per noi “mistero”.

Accettare il “mistero” non vuol dire pascersi di ignoranza, non vuol dire spegnere la ragione. Anzi è la ragione a portarci al “mistero”, proprio attraverso l’uso della ragione ci rendiamo conto che qualcosa ci sopravanza. Accettare il “mistero” vuol dire accettare ciò che siamo, i nostri limiti, ciò che il nostro istinto sente e la nostra ragione indica anche se non può provarlo, ma vuol dire anche accettare l’altro, chiunque esso sia.

L\'Arca dell\'AlleanzaEsodo 40,34 :

“Allora la nube coprì la tenda del convegno

e la Gloria del Signore riempì la Dimora.”

Il crocevia delle molte strade era famoso in tutta la regione perché da lì si potevano raggiungere un po’ tutte le località del regno. Nel crocevia si incrociavano otto sentieri e qualunque si seguisse si sapeva che da lì a poco si sarebbe biforcato e poi biforcato di nuovo e così via, per permettere di andare in qualunque direzione si desiderasse. Era un crocevia importante, ma anche pericoloso, perché se non si conosceva la strada si rischiava facilmente di perdersi e viaggiare di notte, da soli, non sempre era piacevole oppure scoprire di essere ben lontani da dove si voleva arrivare poteva demoralizzare anche gli animi più forti.

Seduto, al centro del crocevia stava un vecchio. Era lì da molto, molto tempo, da così tanto tempo che nessuno sapeva ormai da quanto. Non parlava quasi mai, ogni tanto qualcuno si recava da lui e gli lasciava qualcosa da mangiare o da bere. Il vecchio accettava con gratitudine il dono e si limitava a dare qualche consiglio a chi glielo chiedesse. Le sue, rare, parole erano diventate leggendarie, si diceva che sapesse colpire direttamente nei cuori, che leggesse il futuro e che avesse poteri divini. Naturalmente non era vero, si trattava solo di un uomo che aveva deciso di fermarsi per guardare la gente che passava e che aveva imparato dalla vita una saggezza che tutti possedevano, ma che quasi tutti avevano dimenticato.

– Ma smettila! Tu non hai idea di cosa stai parlando

– Io? Ma se sono l’unico che ti capisce! Dovresti farti un bell’esame di coscienza e…

Il vecchio si voltò verso la direzione da cui arrivavano quelle voci e vide due ragazzi, due gemelli a giudicare dalla fortissima somiglianza, che sopraggiungevano da una delle strade sul lato opposto. Discutevano a voce alta, anzi sembrava quasi che stessero litigando, accompagnando ogni frase con una forte gestualità. Ormai l’intero crocevia risuonava delle loro urla, quando furono vicini al vecchio si fermarono e cessarono di litigare. Si guardavano intorno imbarazzati.

– Che strada dovevamo prendere? – disse sottovoce quello a sinistra.

– Perché litigavate? – chiese il vecchio a bruciapelo prima che il gemello potesse rispondere.

– Uhm… si sentiva, eh? – rispose il primo.

– Diciamo che ho ancora un buon udito. – sorrise il vecchio.

– Perché lui non capisce nulla, vuole andarsene da casa senza pensare a tutte le conseguenze.

– Ma non è vero che non ci penso, te l’ho già spiegato. Ci ho pensato, ma non posso permettere che la mia vita si fermi per questo. Contribuirò come posso e ci sarò ogni volta che sarà necessario.

– Questo lo dici adesso, ma poi voglio vedere se ci sarai davvero. Voglio vedere a chi toccherà sbrigare tutte le incombenze principali.

– Fermi, fermi! – li interruppe il vecchio – Vi avevo chiesto i motivi della vostra discussione, non di ricominciare a litigare.

– Avete ragione, scusateci, ci siamo lasciati trasportare dalla foga. Il fatto è che lui vuole andarsene di casa e io invece non ne vedo il motivo. Mi sembra una cosa stupida, a casa non gli manca nulla e in due possiamo occuparci meglio dei nostri genitori.

– A te sembrerà anche una cosa stupida, ma per me è una necessità, possibile che non lo capisci?- l’altro fratello quasi soffriva mentre lo diceva.

– Quindi, mi sembra di capire che avete già provato a spiegarvi.

– Certo che ci abbiamo provato. – risposero quasi all’unisono.

– E a capirvi?

– Ma cosa c’è da capire? – rispose il primo aprendo le mani al cielo- Non ha alcun senso andare via di casa adesso, non gli manca nulla.

– Lo vede? Non ci prova neanche a capire… e io non so più come fare a spiegarglielo – replicò l’altro.

– Non sai spiegarmelo perché non c’è nulla da spiegare… è un non-senso!

– E ad accettarvi?

La voce del vecchio rischiò di essere coperta dalle urla dei due fratelli, ma entrambi si accorsero che aveva detto qualcosa allora tacquero e chiesero: – Eh?

– Vi siete spiegati, avete provato a capirvi, ma non ci siete riusciti, avete provato ad accettarvi?

Seguì un silenzio imbarazzato, poi il primo fratello, timidamente disse: – Ma come posso accettare qualcosa che non capisco?

– Ma come posso spiegarti quello che ho dentro perché tu lo capisca? – gli fece eco l’altro quasi pregandolo.

– Abbracciatevi.

I due fratelli guardarono il vecchio, sembrava non avessero capito.

– Abbracciatevi! E non ditemi che non l’avete mai fatto, siete fratelli o no?

I due sorrisero al tono risoluto del vecchio, si guardarono titubanti, ma infine si abbracciarono.

– Ecco! L’abbraccio accoglie l’altro, ma non riesce mai a contenerlo tutto. L’abbraccio non comprende l’altro in pieno, ma lo accoglie perché l’altro è sempre più di noi.

I due gemelli rimasero abbracciati mentre qualche timida lacrima scendeva sui loro volti. L’abbraccio si sciolse, ma la serenità rimase.

– Grazie! – dissero insieme – Ora torniamo verso casa.

– Io ho una valigia da preparare. – disse il secondo.

– E io ti darò una mano se vorrai. – concluse il primo.

Il vecchio li guardò allontanarsi per la strada da cui erano venuti, continuavano a parlare, ma ora non urlavano più, scherzavano e sorridevano. Quando sparirono in fondo alla strada, tornò a guardare il crocevia.